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mercoledì 12 ottobre 2011

Corona

Dalla mia mano l'autunno mangia la sua foglia: siamo amici
Sgusciamo il tempo dalle noci e gli insegniamo a camminare:
il tempo ritorna nel guscio.
Nello specchio è domenica,
nel sogno si dorme,
la bocca fa profezie.
Il mio occhio scende sul sesso dell'amata:
ci guardiamo,
ci diciamo cose oscure,
ci amiamo l'un l'altra come papavero e memoria,
dormiamo come vino nelle conchiglie,
come il mare nel raggio insanguinato della luna.
Stiamo abbracciati alla finestra, ci guardano dalla strada:
è tempo che si sappia!
E' tempo che la pietra si decida a fiorire,
che l'inquietudine abbia un cuore che batte.
E' tempo che sia tempo.

E' tempo.

(Paul Celan, Corona da Papaveri e memorie - 1952)




Paul Celan, poeta ebreo di lingua tedesca, nacque a Czernowitz (allora in Romania, oggi città ucraina) nel 1920. Conobbe molto da vicino il dramma delle persecuzioni naziste, nel 1940 con i genitori venne imprigionato e condotto in un lager da cui dopo 18 mesi riuscì a fuggire. Il suo vero nome era Paul Anczel, ma f inita la guerra cambiò il cognome, facendone l'anagramma, in 'Celan'.
Lo sterminio della sua famiglia e la tragedia del suo popolo sconvolsero la sua esistenza, morì suicida a Parigi nel 1970. 

Il punto di partenza del suo lavoro è il trauma dei sopravvissuti della Shoah, l’incredulità e l’impotenza dinanzi a tale orrore.
Celan scrive in un linguaggio ermetico, criptico, la cui comprensione è affidata completamente al lettore. Per lui la poesia è come un messaggio chiuso in una bottiglia che per essere trovato ed interpretato vuole essere portato sulla spiaggia del cuore.
La lettura di Celan è partecipazione intima, degustazione, apertura, accoglienza, ascolto.
Nella lettera a Hans Brender, Celan scrive così : " Solo mani vere scrivono poesie vere. Io non vedo alcuna differenza di principio tra una poesia e una stretta di mano"… questo per affermare comunque l’aspetto dialogico del suo scrivere.

Corona è  una poesia positiva, nella prospettiva della speranza.
Si apre con un segno di riconciliazione. Per Paul Celan, l’autunno aveva una connotazione negativa perchè era la stagione della terribile morte dei suoi genitori, invece qui si personifica in un animale docile e innocuo che mangia dalle sue mani, in un clima di fiducia ed affetto.
La maturazione delle noci avviene anche in autunno e nei versi successivi segue una riconciliazione con il tempo, che viene liberato dagli ostacoli che lo intrappolavano per consentirgli di andare. 
Il tempo sigillato al chiuso, come senza vita è il passato doloroso. Quello che viene integrato nel ciclo della vita, che può cominciare a camminare qui ed ora, invece, è il presente.  I dolenti e amari ricordi sono sempre presenti ma hanno perso la componente spaventosa presente in altre poesie. Tuttavia, nel suo movimento circolare, il tempo rientra nel guscio, apparentemente senza dar seguito ad un processo di liberazione.
Da qui anche il titolo di questa poesia, il termine corona in latino è l’anello, il cerchio. Ma la plurivalenza delle parole costituisce la caratteristica semantica della poesia celaniana. Ecco perchè, riflettendo  sulla scelta del titolo per questa poesia, mi viene in mente la regalità che potrebbe riferirsi al sentimento o al tempo oppure, proprio perchè espresso in italiano, personalmente mi ricorda il termine musicale di Corona (o punto coronato), con cui si indica il simbolo che, posto su una nota o su una pausa, lascia all’interprete la facoltà di prolungare il tempo a suo piacimento.


La poesia prosegue fuori dal tempo e dalla realtà: difatti lo specchio non è la realtà, ma ciò in cui la vita si vede e qui non si sogna nel sonno ma si dorme nel sogno ed in questo spazio a metà fra sogno e realtà c’è pace, festa, verità, lieti annunci. E lo sguardo va all’amata in un incontro molto intimo fatto di sguardi e parole. L’aggettivo oscure non dà il senso della tristezza bensì vuol dire parole che si vanno a posare là dove è più intimo, a dimora come bulbi nella terra, vivissime e pronte e dare la vita. E’ la stessa oscurità del mare quando è illuminato dalla luna, un'oscurita magica e seducente.



L’atto d’amore, l’unione degli amanti appare come l’unione degli opposti. E’ la certezza dell’amore che riesce a conciliarli. Si amano come papavero e memoria: ciò che passa in fretta e il ricordo immutabile. Il papavero, fiore dei mesi primaverili e la memoria, per lui legata all’autunno, quindi la gioia e il dolore. Il sogno e la realtà. 
Il loro amore ha l’effetto inebriante del vino nelle conchiglie, l’effetto emozionante e sognante dei raggi di luna sulle onde del mare.  
Successivamente la coppia si trova ad abbracciarsi dopo aver spalancato le finestre per essere alla vista del pubblico, è arrivato il tempo più bello quello dell’amore e del desiderio che possono essere vincitori sul male e sulla morte. L’amore è qui la garanzia di una nuova vita, che fiorisce tra le pietre ed ecco che il tempo da dentro le noci può essere risvegliato.
C’è una grande affermazione della possibilità di cambiare grazie al concetto chiave del tempo e grazie soprattutto all’amore.
Distaccate dal resto della poesia, le ultime parole...  “è tempo”… semplicemente il tempo che vive il suo tempo, il tempo che può e deve essere vissuto, il tempo che esiste in questo momento, in questo battito del cuore.
È tempo di fare anche cose impossibili, ma per così dire… viventi!
E' il tempo di amare!