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lunedì 27 giugno 2011

Passione

Sulla mia bocca ancora c'è il sapore
delle tue labbra come un fiore rosso,
l'alito profumato, il tuo calore
di questa febbre che mi hai messo addosso:
   mi brucia questa febbre nelle vene
   e sol per te questo mio cuore duole,
   duole d'amor perché ti vuole bene:
   morir d'amor per te, sol questo vuole.
Bella superba come un'orchidea,
creatura concepita in una serra,
nata dal folle amore d'una Dea
con tutti i più bei fiori della terra.
   Dal fascino del mare misterioso
   che hai negli occhi come calamita
   vorrei fuggir lontano, ma non oso,
   signora ormai tu sei della mia vita.
Come uno schiavo sono incatenato 
alle catene della tua malia
e mai vorrei che fosse ahimè
spezzato il dolce incanto della mia follia.
(Antonio de Curtis)




Antonio de Curtis non considerava scrivere versi o canzoni un hobby, bensì una necessità. 
Tanti anni di varietà e centinaia di celebri e divertentissimi film lo hanno consacrato per sempre il "principe della risata".  Eppure, parallela alla sua indiscussa arte comica scorre la sua passione per la poesia, un'intensa attività sia di scrittore che di autore di canzoni. Molte delle sue liriche sono in dialetto napoletano ed affrontano diverse tematiche, non solo l'amore, ma sempre con una velata malinconia.
In esse chi si esprime è soltanto Antonio de Curtis, l'uomo, in una netta separazione con la maschera di Totò.  In questi versi c'è la grande sensibilità e tutta l'emozione di chi ha vissuto passioni intense e travolgenti.
La passione è nel sapore incancellabile che rimane sulle labbra, in quel profumo unico del respiro, nel calore inestinguibile che continua a scorrere nelle vene, nel bene e nel desiderio così grandi da far male al cuore, nella bellezza che cattura senza ragioni e senza confini, nell'attrazione magnetica dello sguardo, nel mistero della seduzione che trasforma la schiavitù in canto e la perdita del senso logico delle cose in sublimazione della follia.