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martedì 12 luglio 2011

Che io sia la fascia - Angelo Branduardi

“Che io sia la fascia”, la poesia d’amore tramandata nella cultura degli indiani d’America del Nuovo Messico e da me pubblicata nel precedente post, nel lontano 1974 è stata musicata da Angelo Branduardi ed inclusa nel primo LP della lunga carriera di questo originale musicista e cantante. Successivamente, nel 2003, è stata riarrangiata ed inserita nell’album “Altro e altrove”, interamente dedicato a poesie d’amore provenienti da luoghi lontani e dalle più diverse culture.
   L’amore appare l’unica lingua, l’unico messaggio che accomuna i popoli e con la sua musica Branduardi riesce ad interpretare ogni poesia con dolcezza ed intensità. 



   Branduardi ha sempre mantenuto un legame forte con la poesia:  ha composto brani ispirandosi a Dante, al Cantico delle creature di S. Francesco ed a Franco Fortini. La sua più famosa canzone resta tuttora  "Confessioni di un malandrino", il cui testo è del poeta russo Esenin;  nel 1985 ha pubblicato "Branduardi canta Yeats", musicando dieci liriche del grande poeta irlandese William Butler Yeats, tradotte ed adattate da Luisa Zappa, sua moglie e collaboratrice da sempre nei testi delle sue canzoni.
   Per lui hanno scritto testi i più grandi autori della musica italiana:  Eugenio Finardi, Roberto Vecchioni, Pasquale Panella, Maurizio Fabrizio, Giorgio Faletti, Claudio Baglioni e tanti altri e recentemente ha realizzando le basi musicali per Caparezza.

   Una caratteristica delle sue inconfondibili composizioni è l’ispirazione tratta dalla riscoperta e valorizzazione del passato, con una certa predilezione per la musica barocca e rinascimentale e la passione per la musica popolare, tradizionale ed etnica di ogni parte del mondo. 

lunedì 11 luglio 2011

Che io sia


Che io sia la fascia che la fronte ti cinge,
così vicino ai tuoi pensieri,
che io sia il grano di mais,
frantumato dai tuoi denti selvaggi.


Che io sia al tuo collo il turchese 

caldo della tempesta del tuo sangue.
che io sia la lana del telaio
che scivola fra le tue dita.

 
Che io sia la veste che porti
sul flusso del tuo cuore,
che io sia la sabbia nei mocassini
che accarezza le dita dei tuoi piedi.

Che io sia il tuo sogno notturno,
quando nel sonno parli e gemi...


(Indiani d'America - Nuovo Messico. Anonimo)

   La cultura dei Nativi Americani si è sempre tramandata oralmente e poche sono le poesie d’amore che sono giunte fino a noi, piuttosto c’è grande abbondanza di parole riguardanti la profonda spiritualità e saggezza di questi popoli.
   Grandissima intensità in questi versi dedicati alla donna amata. Cosa si può volere di più quando si ama qualcuno che restare il più vicino possibile, fino a trasformarsi nell’abito indossato, sentirne il calore del sangue. In un’intimità che porta a superare anche le barriere fisiche voler essere il cibo masticato, la sabbia calpestata dai suoi piedi e poi riuscire a trovare il modo per entrarvi e dimorarvi, diventare nel sonno il suo sogno. Essere il pensiero.