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lunedì 26 marzo 2012

Il profumo della vita … e delle parole


"Io sono tanto affezionato alla parola, perché io sono un poeta. Le immagini che sono dentro la parola sono infinite. 

La parola è piena di cinema."

(Tonino Guerra)

 
   Come sono belle le parole! E come sono belle quelle che ognuno di voi ha scritto in risposta al mio precedente post  Non esiste saggezza... esistono le parole . Sì. Esistono le parole e sanno comunicare e donare emozioni, trasmettere anche le percezioni più impalpabili, riportare all'oggi i ricordi e anticipare profeticamente il futuro, narrare storie e tradurre immagini e sentimenti.
   I vostri commenti, così densi di pensieri e delle vostre sensazioni tradotte in parole per esprimere l'essenza che il profumo dell'amore ha per ciascuno, mi hanno fatto pensare alla immensa possibilità di comunicazione che il web ci consente, alla ricchezza di un piccolo spazio pensato come ad un laboratorio di scrittura, che in realtà permette oltre ad un'espressione verbale creativa un momento di ascolto profondo di se stessi e di generosa condivisione.   
   Il mio grazie è rivolto ad ognuno di voi per essersi fermato anche più di qualche minuto dopo aver letto il post ed aver reso me e tutti partecipi delle proprie emozioni e riflessioni scaturite dalla frase di Carofiglio o dalle mie parole. Quando il blog diventa luogo di condivisione ed incontro trova la sua identità e la sua vera ragione di essere. Mi dispiace se, per una serie di motivi in questi ultimi giorni sono mancate un po' di parole nel mio blog. Vi assicuro che io sono la prima ad averne sentito la mancanza e ad aver vissuto questo silenzio come al buio. Spero nei prossimi giorni di poter inserire i vari post che mi sono venuti in mente in questi giorni e di recuperare la lettura di tutte le cose belle che avete pubblicato.
   Ringrazio anche chi si è fermato a riflettere su quali siano i limiti di una vera possibilità di comunicazione emozionale basata sulla parola.
  Certamente la parola ha soltanto l a presunzione di esprimere compiutamente ed esaurientemente i dettagli, di poter definire con esattezza e precisione il mondo interiore, ma deve e può accontentarsi solo di suggerire delle visioni. L’infinito mondo personale non si palesa con o nelle parole, ci vuole tanto altro e soprattutto esso si mostra solo nell’amore che può dare la giusta sensibilità e volontà di scoprire l’infinito.
   Eppure non viviamo in mondi totalmente incomunicabili. Se è vero che c'è un limite co ntro il quale non possiamo lottare, forse il senso è impegnarsi per conquistare un relativo piccolissimo spazio di comunicazione.   Che aiuti (non che si accontenti) a rappresentare il proprio mondo, la propria realtà in tutti i suoi aspetti contraddittori, multiformi, persino banali.
   Ognuno vive la propria realtà e nello stesso tempo una realtà comune e tutti insieme abbiamo sotto gli occhi infinite sfumature di cui possiamo essere interpreti e mediatori.
   La comunicazione è un’arte, si comunica e si vive come nell’arte.
   - Fo rse è l’utopia della parola? o solo l’arte della comunicazione in generale?




    Ho aperto questo post con una frase pronunciata da Tonino Guerra nel corso di un'intervista e che ben si inserisce in riferimento alla citazione di Carofiglio: "le cose non esistono se non abbiamo le parole per chiamarle". Tonino Guerra era un grande comunicatore, un ricercatore di parole ed aveva una capacità unica di creare immagini con esse, di raccontare e catturare anche con poche parole l'essenza della vita, incantando con la sua visione delle cose a metà strada tra fiaba e realtà, senza mai aver paura di stupire o scandalizzare. Per lui tutto esisteva...  perchè le trovava le parole!! 
   Non dava consigli a chi voleva imparare a scrivere, se non quello di osservare, farsi colpire dalle immagini, rubare gli avvenimenti della vita e tradurre tutto in parole. 


"Se dovessi insegnare non direi ormai molte parole, porterei un armadio in una vecchia stanza, qualche vecchia bottiglia impolverata e a tutti direi: "Dammi queste bottiglie, fammi capire queste bottiglie, dimmi l'anima di queste bottiglie" e basta.  E' con l'immagine che insegnerei adesso". 
(T. G.)

   
   Nonostante la sua vasta produzione poetica ed artistica e la sceneggiatura di quasi 130 film, la sua popolarità era legata ad un fortunato spot televisivo, nel cui slogan "L'ottimismo è il profumo della vita! L'ottimismo vola!" riuscì a racchiudere la sua filosofia di vita, ossia l'ottimismo. Si, anche lui era riuscito a trovare una parola per definire un odore e dare profumo alla vita.
  
"La morte non è mica noiosa
viene una volta sola."

(T. G.)

 
   In quale giorno poteva venire per lui la morte se non in quello più profumato, ottimista e poetico, scelto anche dall'Unesco per celebrare la Giornata Mondiale della Poesia? E così lo scorso 21 marzo è sceso il silenzio per coloro che lo amavano e per la cultura italiana, ma almeno lui non ha fatto in tempo ad annoiarsi, lui sempre così positivo ed amante della vita.


"L'aria è quella cosa leggera che sta attorno alla tua testa,
ma che diventa più chiara quando ridi."

(T. G.)

   Impossibile descrivere Tonino Guerra con un solo appellativo. Era un poeta, scrittore, sceneggiatore, scultore e pittore, progettista di fontane, piazze e musei, un artista dotato di grande fantasia e di inguaribile ottimismo, un amante della bellezza, un cantore della civiltà contadina e della sua Romagna, ma soprattutto della vita. Un cantore dell'infinito.
   Iniziò la sua avventura nella poesia mentre era nel campo di concentramento di Troisdorf in Germania durante la Seconda Guerra mondiale, quando altri prigionieri gli chiesero di raccontare qualcosa nel suo dialetto romagnolo. Con i suoi versi portò il nutrimento per l'anima e qualche sorriso persino in quel luogo di sofferenza perché la poesia consente di vedere la realtà con occhi nuovi.
  Come sceneggiatore ha collaborato con i più autorevoli maestri della regia: Federico Fellini, Elio Petri, Vittorio De Sica, Luchino Visconti, Michelangelo Antonioni, i fratelli Taviani, Monicelli, Rosi, Lattuada, Bellocchio, Wenders, Tarkovskij  ed Thodoros Angholopulos, con il quale era legato da profonda amicizia ed a cui ha dedicato il suo ultimo libro edito propiro in questi giorni. 


   "Tonino era tutt'uno con questo piccolo mondo trasformato nell'universo dalle sue poesie ognuna con l'infallibile precisione, cioè l'inimitabile alleanza degli occhi e del cuore, di un poeta che porta i pensieri e le cose a un'altezza sorprendente."  Con queste parole Sergio Zavoli ha ricordato il suo amico "credevi in assoluto al privilegio di essere nati. A patto, aggiungevi, che poi si viva non per esistere, ma per vivere insieme."


   Il motto di Tonino Guerra si può racchiudere nella sua frase temeraria
VINCERA' LA BELLEZZA
poiché lui aveva una certezza: che tutto quanto può essere vero è, per ciò stesso, possibile!
    




  - E tu, sei così ottimista? Tutto o cosa è per te... possibile?

domenica 27 novembre 2011

Roth - L'animale morente

"L'unica ossessione che vogliono tutti: l'"amore". Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l'amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due."
(Philip Roth, da L'animale morente )



   Il titolo del romanzo scritto nel 2001 dallo statunitense Philip Roth,   L'animale morente, è tratto da alcuni versi del  Byzantium di W. B. Yeats: 
       
       Consumami il cuore; malato di desiderio 
       E avvinto a un animale morente 
       Che non sa che cos’è.

   Si tratta di un romanzo che offre una profonda riflessione sul senso della vita e della morte, del tempo, della bellezza, del sesso, del desiderio.
   Un libro dalla narrazione scorrevole ma non semplice, senza pudori, tagliente e diretta, un testo ricco di contenuti dal quale è stato difficile scegliere per me solo poche frasi.
   Il romanzo si sviluppa come un racconto confessione del protagonista ad un ipotetico ascoltatore o probabilmente più a se stesso. David Kepesh, protagonista di questo e di altri romanzi di Roth, è un maturo e poco affabile professore universitario che ha sposato la rivoluzione ideologica e sessuale degli anni sessanta.  Vive all'insegna della libertà sessuale ed escludendo alcun tipo di coinvolgimento affettivo, "il professore di desiderio"  seduce a oltranza le sue ex-allieve attratto solo dal fascino dell'erotismo.

"Il sesso: ecco tutto l'incanto necessario. Le donne, per gli uomini, sono davvero tanto incantevoli, una volta tolto il sesso?"

   Questa sua ordinarietà viene sconvolta dall'ingresso, nell'aula della sua facoltà e poi nella sua vita, di Consuela, un'affascinante ragazza cubana dalla prorompente fisicità, verso la quale il professore per la prima volta non proverà solo una forte attrazione sessuale, ma sarà coinvolto in un vortice di passione e gelosia.  Consuela è pienamente consapevole della bellezza del suo corpo che Kepesh definisce un’opera d’arte classica, la bellezza nella sua forma classica.  

"Tutti hanno qualcosa davanti a cui si sentono disarmati, e io ho la bellezza. La vedo e mi acceca, impedendomi di scorgere ogni altra cosa."

   La storia sentimentale ed erotica tra i due si trasforma ben presto in una grande passione, segnata dalla sofferenza della gelosia, dovuta alla notevole differenza di età. Per la prima volta egli si sente vulnerabile, si accorge di desiderare una donna in maniera diversa. Kepesh scopre, per dirla alla Lacan, che "il desiderio dell'uomo è il desiderio dell'altro"
   Il desiderio per lui non è più il sesso, ma la relazione con la persona di Consuela.
   Muore il seduttore per lasciar spazio alla seduzione.
  Il tema del sesso è centrale in questo romanzo, rimane la chiave per indagare nell'esistenza umana

"Il sesso non è semplice frizione e divertimento superficiale. Il sesso è anche la vendetta sulla morte".

   Quest'ultima credo sia la frase che dà il senso a tutto il romanzo, anche nei personaggi minori quali il figlio di Kepesh o il suo amico George. 

   Gli anni di allontanamento tra i due sono vissuti nella sofferenza e nel tormento,  nell'ossessione dell'impossibile dimenticanza.
   Quando scopre di avere una grave malattia, nonostante i vari anni di separazione, Consuela torna dal suo professore. Se fino ad allora il ruolo dell'animale morente era stato interpretato da Kepesh con tutte le sue riflessioni sulla vecchiaia e la decadenza, ora lo diventa sorprendentemente lei, che con la fragilità di un corpo sempre bellissimo si avvia verso la sua fine. Ancora una volta nella vita del professore un'inaspettata vicenda rompe gli schemi precostituiti e gli fa assistere alla debolezza delle sue convinzioni e degli equilibri raggiunti.
   Consuela è tornata poichè non aveva mai trovato in seguito un amante capace di mostrare lo stesso livello di devozione verso il suo corpo come Kepesh.  Ecco come il sesso, il desiderio ed il sentirsi ancora e sempre desiderati sono ciò che fa sentire vivi i protagonisti di questo libro, in cui l'amore non viene mai nominato, ma solo lasciato intuire, quale realtà presente e misteriosa.

“Pensaci. Rifletti. Perchè se ci vai sei finito.”  


   In queste ultime parole del romanzo io colgo invece come sia l'amore ciò che rende morenti due persone come il professor Kepesh e Consuela delle prime pagine, due persone che facevano dei loro corpi l'unico elemento di coesione. L'amore tra i due supera l'attrazione per la bellezza e la perfezione del corpo, supera i problemi legati alla differenza d'età, supera il dolore e la malattia, oltrepassa la morte.



Quale delle frasi di questo libro,
che a me hanno colpito particolarmente,
trova risonanza anche in te?